Con il termine “dieta mediterranea” invece si vuole identificare un’idea molto più ampia legata ad un modello alimentare legato al mantenimento della salute e alla prevenzione delle patologie (tra le quali ovviamente anche l’obesità) e che si può rappresentare come una piramide alla cui base sono collocati gli alimenti di maggiore consumo (frutta, verdura, cereali e legumi) e al vertice quelli per i quali si consiglia un consumo ridotto e sporadico (carne rossa e dolci). Le ragioni di queste scelte sono da ricercare nei dati della letteratura (1-6) che dimostrano come l’utilizzo degli alimenti con questi criteri di preferenza proteggono la popolazione dalla comparsa di malattie tumorali, cardiovascolari, neurodegeneratiuve, metaboliche e gastrointestinali, oltre a migliorare la qualità di vita degli individui (7).
Gli alimenti, una volta introdotti nel tratto gastrointestinale si relazionano con il microbiota residente (rappresentandone il substrato nutrizionale) e la barriera epiteliale , strumento di selezione per l’entrata degli alimenti stessi all’interno dell’organismo. Queste interazioni sono molto complesse e per molti aspetti ancora sconosciute. Di certo considerare l’aspetto nutrizionale di un alimento solo per la sua composizione in macronutrienti (carboidrati, lipidi, proteine) fibre e acqua e per il suo apporto calorico appare, alla luce delle attuali conoscenze, fortemente riduttivo. La presenza o meno nell’alimento di polifenoli, antiossidanti, fitosteroli, fitoestrogeni, altre molecole bioattive e contaminanti chimici, batterici, o prodotti dalla cottura determina la sua peculiarità di “utile alla salute” o “nocivo” aldilà del suo, peraltro importante, valore calorico o nutrizionale classico (determinato dalla presenza dei macronutrienti). Tutte queste molecole bioattive svolgono funzioni essenziali nella stimolazione ormonale, come messaggeri, come regolatori metabolici e genici in grado di favorire o silenziare l’espressione di uno o più geni o di creare mutazioni.
La dieta mediterranea inoltre, è un concetto che non esalta un singolo alimento rispetto ad un altro , ma deve essere valutata nel suo insieme di combinazione di alimenti associata ad un regolare svolgimento dell’attività fisica.
Gli alimenti base della dieta mediterranea sono: frutta e verdura (apportano vitamine, Sali minerali, polifenoli, antociani, acqua, fibra) cereali (carboidrati complessi e proteine) pesce (proteine di elevato valore biologico, omega 3 , Sali minerali) legumi (proteine di medio valore biologico, fibra, carboidrati complessi) olio (acidi grassi MUFA e PUFA, vitamine, polifenoli, molecole bioattive) vino rosso (polifenoli, antociani, alcol).
Per valutare se un determinato regime dietetico rispetta i canoni consigliati dal modello mediterraneo da parte di un determinato gruppo di popolazione è stato ideato l’indice di adeguatezza mediterranea (IAM) (8) ) che mette in rapporto la percentuale di calorie ottenute da alimenti provenienti dalla dieta mediterranea rispetto a quelli non tipici di tale dieta.
In questo modo si è scoperto che negli ultimi 40 anni i modelli alimentari tipici dei paesi del bacino mediterraneo sono andati lentamente perdendo le caratteristiche proprie degli alimenti sopra citati e sono stati sostituiti da modelli più ricchi in alimenti carnei o a base di zuccheri semplici e raffinati mentre, al contrario, altri paesi non mediterranei li andavano adottando. Per questo motivo parlare di dieta mediterranea oggi può sembrare fuorviante e il termine “mediterraneo” non deve essere inteso come una D.O.P. Non si tratta infatti di una indicazione geografica bensì di una indicazione di composizione e proporzione. E la proporzione diventa vitale quanto la qualità, la freschezza e la stagionalità dei prodotti utilizzati nella dieta. La dieta mediterranea deve rappresentare un giusto equilibrio tra le varie componenti affinché possa offrire i benefici salutistici. Se da una parte è vero che l’eccesso di carne , dolci e fritture possono rappresentare un reale pericolo per la comparsa di patologie, anche un eccesso di frutta e verdura può creare disturbi gastrointestinali per un eccesso di apporto di FODMAP.
I FODMAP ( oligo- di- monosaccaridi fermentabili e polioli) sono molto presenti nella frutta e nella verdura e sono responsabili di disturbi gastrointestinali. In uno studio ancora in corso abbiamo sottoposto a dieta a scarso contenuto di FODMAP un gruppo di pazienti affetti da IBS. Dopo un mese di questa dietoterapia la riduzione della frequenza della distensione addominale, del dolore e dell’intensità del gonfiore percepito è stata evidente e statisticamente significativa. L’abolizione del glutine in aggiunta alla riduzione dei FODMAP in un altro gruppo di pazienti con IBS non ha aggiunto alcun beneficio ulteriore. (Fig 1)
Ci sono evidenze scientifiche (9) che dimostrano come il corretto impiego di proteine e grassi animali, oltre a fornire un necessario apporto di macronutrienti, oligoelementi e vitamine, può svolgere un ruolo importante nello stimolare il senso di sazietà e ridurre l’introito calorico . Pertanto, la ampia varietà di alimenti suggeriti dalla dieta mediterranea, integrati nelle proporzioni corrette, rappresenta , in virtù delle attuali conoscenze scientifiche, il modello alimentare più salutare per le popolazioni occidentali. Molto più difficile analizzare i benefici su altre popolazioni in assenza di dati in merito.
La possibilità di studiare il genoma del microbiota intestinale (micro bioma) ha permesso di scoprire come le conoscenze in materia fossero fino a questo momento decisamente parziali e insufficienti. La dieta influenza e condiziona il microbiota intestinale fino dal momento dell’allattamento (10 ). Popolazioni diverse possiedono percentuali di phyli batterici decisamente diverse (11) , ma ancora più interessante è stato riscontrare come la dieta può in qualche modo condizionare la tipologia del microbiota (12). Molte patologie sembrano essere relazionabili a differenti popolazioni di microbiota , compresa l’obesità (13), e probabilmente in futuro sapremo quanto i benefici di una determinata dieta non dipendano soltanto dal valore nutrizionale degli alimenti in essa contenuta ma anche dalla capacità di tali alimenti di favorire l’insediamento di un determinato phylum batterico rispetto ad un altro.
La dieta mediterranea deve però rientrare nell’ambito di modello di educazione molto più ampio che deve tenere conto anche delle esigenze culturali , tradizionali e del gusto degli individui appartenenti a queste popolazioni.
Il riscontro della presenza di recettori del gusto nel tratto gastrointestinale ha aperto nuove frontiere nel campo della ricerca. Il ruolo di questi recettori nel signaling lungo l’asse brain-gut è ancora da comprendere completamente ma alcune ricerche sembrano evidenziare come i recettori del gusto amaro inviino segnali volti a rallentare lo svuotamento gastrico e ridurre l’intake calorico. È necessario ricordare come molte delle verdure presenti nella alimentazione mediterranea (melanzane, cime di rapa, carciofi, cicoria) siano di gusto amaro. Il minor apporto calorico di per sé, attraverso un altro meccanismo nutri genomico che prevede la stimolazione del gene SIRT1 con una conseguente maggiore produzione di sirtuine porterebbe ad una maggiore longevità cellulare. Da un recente studio, inoltre, sembrerebbe che un polimorfismo del recettore del gusto amaro ridurrebbe la capacità di eliminare alcuni xenobiotici e quindi favorire il cancro del colo retto (14).
In conclusione, la dieta mediterranea sembra riunire quella proporzionalità e variabilità di alimenti nella sua composizione tali da offrire, sulla base dei dati scientifici attualmente a disposizione, una ottima correlazione con lo stato di salute. Infine la dieta mediterranea garantisce anche il minor impatto ambientale rispetto ad altri regimi dietologici che determinano una maggiore emissione di CO2 e maggior necessità di territorio per la produzione alimentare.
LUCA PIRETTA, Gastroenterologo e Nutrizionista, Università Campus Biomedico, Roma
Bibliografia
1) Trichopoulou A, Kouris-Blazos A, Wahlqvist M, Gnardellis C et al, Diet and overall survival in elderly people BMJ 1995;311:1457-60
2) Trichopoulou A, Costacou T et al Adherence to a Mediterranean Diet and Survivalin a Greek Population N Engl J Med 2003;348:2599-608.
3) Sofi F, Cesari F et al. Adherence to Mediterranean diet and health status: meta-analysis BMJ. 2008 Sep 11;337:a1344. doi: 0.1136/bmj.a1344
4) Vozzella L , Sarnelli G et al , The Mediterranean diet is a protective factor against gastrointestinal symptoms in young people. Digestive and Liver Disease 44S (2012) S131
5) Vozzella L , Sarnelli G et al Adherence to Mediterranean diet and IBS symptoms in adolescents. Digestive and Liver Disease 44S (2012) S134
6) Kesse-Guyot E, Ahluwalia N, Lassale C, Hercberg S, Fezeu L, Lairon D. Adherence to Mediterranean diet reduces the risk of metabolic syndrome: a 6-year prospective study. Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2013 Jul;23(7):677-83
7) Bonaccio M, Di Castelnuovo A, Bonanni A, Costanzo S, De Lucia F, Pounis G, Zito F, Donati MB, de Gaetano G, Iacoviello. Adherence to a Mediterranean diet is associated with a better health-related quality of life: a possible role of high dietary antioxidant content. L;.BMJ Open. 2013
8) Alberti-Fidanza Adalberta and Flaminio Fidanza. Mediterranean Adequacy Index of Italian diets. Public Health Nutrition 2004: 7(7):937-41
9) Pal S, Ellis V. The acute effects of four protein meals on insulin, glucose, appetite and energy intake in lean men . Br J Nutr. 2010 Oct;104(8):1241-8.
10) Isolauri E. Development of healthy gut microbiota early in life. J Paediatr Child Health. 2012 Jun;48 Suppl 3:1-6.
11) De Filippo C, Cavalier D ,Impact of diet in shaping gut microbiota revealed by a comparative study in children from Europe and rural Africa PNAS | August 17, 2010 | vol. 107 | no. 33 | 14691–14696
12) Minot S, Sinha R. The human gut virome: Inter-individual variation and dynamic response to diet Genome Research 21:1616–1625
13) Ley RE, Turnbaugh PJ, Klein S, Gordon JI.Nature. Microbial ecology: human gut microbes associated with obesity. 2006 Dec 21;444(7122):1022-3.
14) Carrai M, Steinke V Association between TAS2R38 gene polymorphisms and colorectal cancer risk: a case-control study in two independent populations of Caucasian origin. PLoS One. 2011;6(6):e20464.