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    Stili di attaccamento e patologia, a cura di Maria Rita Cardarelli

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    Pubblicato da Mario Brunetti il 22 Maggio 2019
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    La teoria dell’attaccamento di John Bowlby si propone di spiegare le specifiche motivazionali che creano il legame tra il bambino e il suo caregiver nei primissimi anni di vita. Bowlby definisce l’attaccamento come “La propensione innata a cercare la vicinanza protettiva di un membro della propria specie quando si è vulnerabili ai pericoli ambientali per fatica, dolore, impotenza o malattia”. (J. Bowlby, 1969)

    Evidenti appaiono da questa affermazione i contributi etologici alla teoria dell’attaccamento, ma altrettanto importanti sono anche quelli psicoanalitici, evoluzionisti, cognitivisti e sistemici. Pur avvalendosi del contributo di tali costrutti,Bowlby riesce a  creare un modello teorico del tutto originale supportato da studi sperimentali condotti sul campo e in laboratorio, come avviene nel caso delprotocollo della “Strange Situation” messo a punto dalla sua collaboratrice Mary Ainsworth.  

    Dal costrutto psicoanalitico riprende il concetto di “relazioni oggettuali” di Melanie Klein ma ne sposta l’accento: mentre per la Klein sono importanti le fantasie inconsce del bambino, non osservabili ma solo ipotizzabili, per Bowlby sono fondamentali le esperienze reali vissute nella sua relazione con la figura primaria di riferimento. Il focus  è sulla qualità dell’accudimento materno, sulla sua disponibilità e risposta alle richieste del bambino da un lato, e sul bisogno di vicinanza che spinge il bambino a relazionarsi con il caregiver. Le realtà fantasmatiche tanto care alla Klein cedono il passo alle esperienze relazionali reali sulla base delle quali il bambino introietterà i modelli operativi interni, altro concetto introdotto da Bowlbyper indicare dei modelli che gli individui costruiscono nell’interazione con l’ambiente e le figure di riferimento. Tali modelli comprendono le percezioni di sé e delle figure di accudimento e rappresentano modelli della relazione con l’altro.

    Il tema centrale della teoria dell’attaccamento non è dunque quello del bisogno della scarica libidica teorizzato dalla psicoanalisi classica, quanto piuttosto il bisogno di vicinanza e sicurezza considerato un bisogno primario. Lo stile di attaccamento che il bambino svilupperà, influenzerà in misura considerevole l’organizzazione precoce della sua personalità e soprattutto la rappresentazione che il bambino avrà di sé, degli altri e della relazione con gli altri.

    Dal punto di vista etologico Bowlby si avvale degli studi effettuati da Harlow sui piccoli di macaco; in una situazione sperimentale i piccoli di macaco venivano allontanati dalle proprie madri e allevati da madri surrogate di due tipi: una era costruita con filo metallico ma dotata di biberon mentre l’altra era rivestita di morbido tessuto ma senza biberon, dunque la prima era in grado di erogare cibo mentre la seconda no. Le osservazioni condotte da Harlow confermano la primarietàdel bisogno di vicinanza in quanto, non appena i piccoli avevano soddisfatto il bisogno del cibo correvano subito a rifugiarsi accanto alla madre morbida e trascorrevano accanto a lei tutto il resto del tempo.

    Sostenuto da tali evidenze sperimentali Bowlby arriva a teorizzare che il bambino possiede una predisposizione biologica innata a sviluppare un legame di attaccamento nei confronti di una sola persona (caregiver) e che la tipologia di attaccamento che svilupperà con il caregiver sarà predittiva dei futuri legami di attaccamento che intreccerà nella sua vita.

    Sarà Mary Ainsworth a verificare empiricamente l’ipotesi di Bowlby attraverso il protocollo di una situazione semi-sperimentale chiamata Strange Situation.  Si tratta di una procedura di laboratorio che permette di esaminare il comportamento di attaccamento, quello esplorativo e la risposta alla separazione dalla figura di riferimento (madre) in bambini tra i 12 e i 18 mesi di età. Le variabili che vengono misurate sono la ricerca del contatto, il mantenimento del contatto, la resistenza al contatto. La capacità di attivare comportamenti di protesta nei momenti in cui la figura di attaccamento si allontana, al fine di richiamarne l’attenzione è una delle componenti fondamenti della relazione d’attaccamento insieme alla ricerca di vicinanza e sicurezza.  Quando la relazione con il caregiver è interrotta il bambino può mettere in atto comportamenti (piangere, urlare, arrabbiarsi) che svolgono la funzione di attirare l’attenzione del caregiver richiamandolo al proprio ruolo. Bowlbydefinisce questo comportamento “collera funzionale” che ha il fine di scoraggiare la separazione e favorire la riunione con la figura di attaccamento.

    Sulla base di tali parametri la Ainsworth rilevò 4 stili di attaccamento:

    1) Attaccamento sicuro (B): il bambino al momento dell’allontamento della madre manifesta un fisiologico disagio ma appena la madre ritorna riprende l’esplorazione dell’ambiente e il gioco. La madre ha la capacità di confortare il bambino e rispondere adeguatamente alle sue richieste;
    2) Attaccamento insicuro di tipo evitante (A): il bambino non mostra apertamente disagio al momento dell’allontanamento e non ricerca la madre quanto rientra, sembra essere più interessato agli oggetti che alla relazione con la madre. Mette in atto meccanismi difensivi tenendo sotto controllo i suoi sentimenti e mostrando un falso Sé;
    3) Attaccamento insicuro di tipo ambivalente (C):  il bambino manifesta disagio ancor prima della separazione dalla madre, spesso mostra un pianto inconsolabile anche quando la madre rientra. Il genitore appare incapace di consolare il bambino che si trova costretto ad estremizzare i suoi comportamenti di attaccamento;
    4) Attaccamento disorganizzato (D): i bambini di questo gruppo mettono in atto simultaneamente comportamenti incompatibili tra loro, si disperano e poi si congelano, mettono in atto stereotipie, il caregiver non ha capacità consolatorie. In questa tipologia di attaccamento rientrano i bambini vittime di gravi trascuratezze per i quali la figura di attaccamento riveste il contraddittorio ruolo di aggressore/protettore come avviene nei casi di abuso familiare sia fisico che psicologico.

    Tali esperienze traumatiche possono manifestarsi attraverso una “collera non funzionale” che non ha lo scopo di riavvicinare la figura di attaccamento ma al contrario di tenerla distante perché troppo pericolosa.  Può accadere che nel corso dello sviluppo tale disfunzionalità possa tradursi in condotte aggressive sia eterodirette (comportamenti antisociali) che autodirette con comportamenti autolesionistici che possono arrivare al suicidio come atto di accusa estremo verso il genitore.  

    Modelli di attaccamento disfunzionali non elaborati o corretti possono portare, inoltre, relazioni disfunzionali e instabili caratterizzate da violenza, sopraffazione o sottomissione.  E’ stata rilevata una correlazione tra stile di attaccamento insicuro/ambivalente e dipendenza affettiva i cui tratti distintivi sono l’idea di un Sé  che non merita amore e una visione dell’altro vissuto come inaffidabile; la relazione che ne scaturisce è contraddistinta da un costante timore abbandonico che genera comportamenti controllanti e richiedenti. La persona diventa diffidente, impaurita, ipervigile emotivamente e reagisce alternando comportamenti di sottomissione e accondiscendenza a comportamenti aggressivi passivi fino a giungere a volte al ricatto emotivo e alla violenza. 

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