Ansia e attacchi di panico
E’ possibile parlare di Disturbo d’Ansia quando i sintomi descritti di seguito non sono dovuti agli effetti di:
- assunzione di sostanze o farmaci
- condizioni di patologia fisica
- disturbi mentali specifici
Il Disturbo d’Ansia si differenzia dalla normale paura o dalle ansie generiche per l’intensità dei sintomi ma soprattutto per la loro persistenza (6 o più mesi). I suoi primi segni, come descritti nel DSM-5 (American Psychiatric Association 2013), si riferiscono ad aspetti fisiologici quali:
- aumento del battito cardiaco
- aumento dell’allerta-concentrazione verso la minaccia percepita
- attivazione del sistema attacco-fuga
mentre i sintomi più comuni sono:
palpitazioni, tachicardia, aumento della sudorazione, tremori di varia intensità, difficoltà respiratorie quali affanno, respiro corto, mancanza d’aria, sensazione di soffocamento, di asfissia, dolore o fastidio al petto, nausea o disturbi addominali, sensazioni di vertigine, di instabilità, di “testa leggera” o di svenimento, brividi o vampate di calore, sensazioni di torpore o di formicolio, depersonalizzazione (la sensazione di essere distaccati dal proprio corpo), derealizzazione (la sensazione di percepire in maniera distorta il mondo esterno), paura di perdere il controllo o “impazzire” e paura di morire.
Chiaramente non tutti questi sintomi si presentano contemporaneamente in uno stesso soggetto, molto più spesso solo alcuni di essi si manifestano combinandosi tra loro in vario modo a seconda della situazione personale ed ambientale presente, generando la condizione che si definisce Disturbo d’Ansia.
Si parla invece di Attacco di Panico quando il soggetto prova un’improvvisa paura o disagio intensi in situazioni anche apparentemente neutre, che raggiungono un massimo di intensità in pochi minuti, accompagnati da quattro o più dei sintomi sopraelencati.
Le cause del Disturbo d’Ansia e dell’Attacco di Panico spesso risiedono in situazioni o abitudini psicologiche, contesti ambientali o relazionali che il soggetto fa fatica a collegare, riconoscere e contestualizzare con il disturbo stesso, a volte sottovalutando l’incidenza di fattori, la cui banale familiarità quotidiana, paragonata all’eccezionale intensità dei sintomi, non permette di riconoscerli come generatori del senso di disequilibrio e di allarme tipico del disturbo.