Problemi di coppia
All’interno di una coppia operano dinamiche complesse che spesso sfuggono alla comprensione diretta: quanto siamo conoscibili e prevedibili all’altro, e a noi stessi?
Spesso si sente dire “l’abitudine uccide il desiderio”, ma è realmente possibile che una persona che si ama possa diventare un’abitudine? Forse il declino del legame che viene fatalisticamente attribuito al “passare del tempo”, non è una caratteristica costituente della natura dell’amore, né un destino ineluttabile.
All’inizio di una storia d’amore la “chimica” crea per noi quell’alchimia di sensazioni, attrazioni e sentimenti che ci legano ad un’altra persona. A volte ci abbandoniamo a questo stato d’animo senza un chiaro perchè, a volte costruiamo spiegazioni che ingenuamente cercano di arginare la potenza del mistero che ci avvolge e cattura in un turbinio di sensazioni così paradossalmente simili a quelle di un “disturbo ossessivo transitorio” anche nella perdita o abbassamento del senso critico. Poi, dopo il potente “incipit”, inoculato per creare la coppia, la natura sembra cedere i comandi ai due “prescelti” perchè comincino a costruire la loro storia. Molto spesso questo fisiologico abbassamento della tensione emotiva dell’inizio viene però percepito come delusione “tu all’inizio eri più premuroso…ma tu eri più affettuosa” come se ci si innamorasse di quello stato di grazia iniziale, desiderando che duri in eterno e non ci si si rendesse conto che l’amore, come ogni impresa, avventura e costruzione umana, per continuare a vivere ha bisogno di “manutenzione”. Infatti, malgrado il nostro desiderio di pensarlo duraturo, l’amore per sua natura non è stabile e gran parte della sua complessità deriva dall’equilibrio tra ciò che è personale e ciò che è in relazione; tra l’unicità e la “dualità”.
La nostra vita psichica sin dalle primissime fasi e per tutta la sua durata, è prevalentemente il frutto delle relazioni con gli altri, tuttavia la nostra esperienza mentale si organizza in strutture che comprendono aree interne inviolabili, distinte, dotate di confini in parte negoziabili e in parte no, spesso sconosciute a noi stessi. Delle “zone d’ombra” all’interno delle quali pure si muovono e vivono tensioni, desideri, paure, sentimenti; altre parti di noi con le quali non abbiamo familiarità ma che comunque ci appartengono.
Così molto spesso, ciò che inconsapevolmente ci attrae nell’altro, non è tanto la sua alterità – come spesso si dice “gli opposti si attraggono”- ma l’opportunità di entrare in contatto, attraverso l’altro e a distanza di sicurezza, con aspetti profondi di noi stessi che, per quanto rimossi, rifiutati, negati restano pur sempre parte di noi ed emanano la fascinazione del ricongiungimento. Soprattutto nella fase iniziale dell’amore, possiamo provare un senso di appagamento e di totalità che emana proprio dal successo di questo processo interno.
In questo modo possiamo credere di eliminare quella sgradevole sensazione generata dagli squilibri interni, anche se ad essi non sappiamo dare né un nome né una forma, ma il partner che scegliamo come complice di questo processo, a sua volta può essere guidato dagli stessi meccanismi. Ironia della sorte allora, in molte relazioni la caratteristica manifesta che ci attrae nell’altra persona può invece essere una difesa contro il tratto esattamente opposto. L’apparente incrollabile solidità di lui, magari è una difesa contro una caotica precarietà mentale; la vitalità di lei forse è una collaudata difesa da una sottostante depressione.
Quando cominciamo ad amare una persona dunque, non stiamo scoprendo solo quella persona, ma noi stessi come siamo e come diventeremo con lei, questa è la “manutenzione della coppia” a cui siamo chiamati dopo “l’incipit dellachimica”, lungo un percorso di consapevolezza che ci porti a non valutare sempre i gesti dell’altro come avulsi dalle nostre caratteristiche, ma come complementari ad esse, anche quando sembrano sideralmente lontani dalle nostre intenzioni: le nostre “zone d’ombra” lo sono prima di tutto per noi.
Mario Brunetti