Tamara de Lempicka: “La dormiente” , 1932
Le ipotesi psicoanalitiche sul sogno scaturite dalla elaborazione teorica e dalla pratica clinica, lo rappresentano come strumento indispensabile per il recupero di esperi passate e attivatore di funzioni inconsce; da un punto di vista neurofisiologico esso è prodotto dall’attivazione e dalla disattivazione di specifiche aree cerebrali.
Da sempre il sogno rappresenta per la psicoanalisi lo strumento elettivo per una esplorazione dell’inconscio attraverso l’interpretazione di esperienze ed emozioni soggettive. Rappresenta il serbatoio della memoria implicita, l’insieme delle esperienze pre-verbali non codificate dal linguaggio che costituiscono l’inconscio non rimosso; esse infatti non possono andare incontro a rimozione in quanto le strutture della memoria esplicita, indispensabili per questo processo, non sono mature prima dei due anni di vita. “La funzione del sogno è infatti anche quella di trasformare e rappresentare simbolicamente esperienze all’origine presimboliche. La loro interpretazione favorirà il processo ricostruttivo necessario alla psiche per migliorare le proprie capacità di mentalizzare e rendere pensabili, anche se non ricordabili, esperienze all’origine non pensabili. Questo al fine di raggiungere quella coscienza storica del suo inconscio che rappresenta uno degli scopi della psicoanalisi”.
La psicoanalisi fonda il lavoro interpretativo del sogno sul transfert, inteso come situazione relazionale specifica in cui colui che sogna proietta inconsapevolmente sull’analista i propri vissuti interni. Possiamo dunque considerare il sogno una rappresentazione del mondo interiore del sognatore che esprime lo stato relazionale della coppia analitica.
Attraverso il racconto che il paziente fa del sogno, l’analista cerca di riconoscere i meccanismi di difesa e le emozioni attivate e tramite un lavoro di decodifica porta il paziente ad avere consapevolezza dei suoi vissuti interni e delle sue dinamiche.
Questo lavoro cerca di ricostruire e di ritrascrivere la storia personale relativa all’identità del paziente. La memoria è parte integrante di questo processo in quanto riattiva le tappe emotivamente più significative dello sviluppo della mente. Memoria quindi intesa come passaggio essenziale della ricostruzione in analisi e come processo di rielaborazione di emozioni attualizzate attraverso il transfert; il lavoro della memoria si collega così direttamente a quello delle rappresentazioni simboliche. La memoria che il sogno recupera è essenzialmente affettiva e permette l’integrazione delle esperienze passate con quelle presenti; il sogno quindi, grazie alla memoria, diviene un ponte che collega e salda le esperienze attuali con quelle passate, l’inconscio passato e quello presente permettendo così una storicizzazione dell’esperienza inconscia. Trasformare e rappresentare simbolicamente esperienze all’origine presimbolicheconservate nella memoria implicita può essere considerata una delle funzioni del sogno. La loro interpretazione attraverso il lavoro analitico favorisce il processo ricostruttivo necessario alla psiche per migliorare le proprie capacità di “mentalizzarossiarendere pensabili esperienze all’origine non pensabili.
Un altro aspetto importante del sogno in analisi è la sua dimensione clinica: può essere il rivelatore più attendibile di sentimenti che non possono essere espressi altrimenti oppure di situazioni di stallo in cui è bloccata la coppia analitica, o, ancora, avere l’importante funzione di limitare la tendenza ad agire invece che a riflettere; esiste infatti una proporzione inversa tra capacità di sognare e di elaborare i sogni da parte del paziente e le sue tendenze agli “agiti”.
In questa direzione Ogden afferma che il fattore terapeutico fondamentale è aiutare il paziente a sognare i sogni che non è stato o non è capace di fare “Partecipando alla sua attività di sognare i sogni non sognati e interrotti, l’analista riesce a a conoscere il paziente in un modo e a un livello di profondità che gli consente di dirgli qualcosa che è fedele all’esperienza emotiva, sia inconscia che conscia, che avviene nella relazione analitica in un momento dato. Ciò che l’analista dice può essere usato dal paziente per il lavoro psicologico conscio e inconscio, cioè per sognare la propria esperienza, così da potersi sognare più pienamente nell’esistenza”.
[1] M. Mancia (a cura di) Psicoanalisi e Neuroscienze, Milano, Springer, 2007
[2] T. H. Ogden, L’arte della psicoanalisi. Sognare sogni non sognati, Milano, Cortina, 2005