La casa rimasta chiusa a lungo come uno scrigno senza tesori si apriva ai nostri occhi di bambini di città desiderosi di luce ed aria ma anche lì, anche nella casa al mare, mia madre riusciva a mantenere la penombra, le porte chiuse, le serrande abbassate, il cuore ingessato.
Non mi piaceva quella casa, non mi è mai piaciuta ma i nostri genitori dicevano che l’avevano comprata per noi, anzi per mio fratello che un giorno ebbe l’imprudenza di chiedere: “Perché non compriamo una casa al mare?” Maledetto quel giorno, “mare” era un po’ generico, forse avrebbe dovuto specificare dove gli sarebbe piaciuto andare. Il mare dove andavamo con mio padre era di un colore indefinito e la sabbia era nera, faceva bene ai reumatismi e ai bambini anemici come me; io e mio fratello raccoglievamo il ferro contenuto nella sabbia con la calamita e lo mettevamo nei sacchetti di plastica che durante l’inverno mio padre scaldava per curarsi le ossa. Mio padre sulla spiaggia guardava le signorine in bikini, alle undici in punto si faceva il bagno che non poteva durare mai più di mezz’ora, subito dopo mangiavamo la pizza bianca comprata dal fornaio, mai una merendina, mai nutella, mai Coca-Cola, mio padre era molto attento all’alimentazione e non sospettava minimamente che appena si presentava l’occasione mi ingozzavo di schifezze di ogni tipo.
Tornavamo a casa e mio padre si faceva spalmare la crema sulle spalle bruciate dal sole: aveva una schiena grande e bellissima. A pranzo mangiavamo i pomodori con il riso, un must dell’estate; la discussione a tavola verteva sul fatto che una volta era troppo cotto il riso e poco cotte le patate e un’altra viceversa. Il perfetto equilibrio tra cottura del riso e delle patate era obiettivo difficile da raggiungere ma non impossibile e rappresentava la sfida culinaria dell’estate. La prima volta che vidi il mare “vero” fu durante la mia prima vacanza senza genitori, andai in Puglia e vidi lo Ionio, un mare verde con la sabbia bianca e la macchia mediterranea alle spalle: fu amore a prima vista. Era l’alba, ero sveglia e guardavo il mare fumando la mia prima sigaretta: ero libera. Ma ben presto tornò il buio, la malinconia e le serrande abbassate per non far rovinare i mobili.Una sera uscimmo io e mio fratello per andare all’arena Lucciola a vedere “La ragazza dalla pelle di luna” film che stuzzicava i nostri pruriti di giovani adolescenti; prendemmo il motorino e andammo in piazza.
Davanti al cinema ci venne incontro un gruppetto di bulli, uno di loro senza motivo diede un pugno a mio fratello che cominciò a perdere sangue dal naso, lui era furibondo voleva rincorrerli, io urlavo più di lui per fermarlo. Nessuno diceva niente, nessuno ci aiutava, eravamo due ragazzi soli tra un mare di folla che passeggiava sul lungomare di un’assurda località balneare. Mi venne in mente che la mia amica Tiziana abitava lì vicino, convinsi mio fratello ad andare da lei; un mese prima suo fratello, altrettanto immotivatamente, era stato picchiato ai giardinetti, gli avevano spaccato due denti. Il padre aveva sporto denuncia ma i carabinieri stessi lo avevano messo di fronte all’inutilità della cosa. La madre di Tiziana mise il ghiaccio sotto il naso di mio fratello, aspettammo che il sangue si fermasse e tornammo a casa in silenzio, tacitamente decidemmo di non dire niente ai nostri genitori tanto la risposta sarebbe stata “Allora non uscite più” come se la colpa di quello che era successo fosse stata nostra.
Appoggiai la testa sul cuscino ma non riuscivo a dormire, sentivo il respiro di mio fratello nella stessa stanza, anche lui non dormiva; pensavamo tutti e due a quanto fosse ingiusto il mondo e a quanto odiassimo quel posto e quella casa e nel silenzio della notte ci giurammo che non ci saremmo mai più ritornati. Ora che non ci sei più torno nella casa al mare e mi gira la testa quando apro l’armadio e sento il tuo odore. Guardo gli assurdi soprammobili che tu e mamma avete accumulato negli anni, finti mosaici e arazzi con dame e cavalieri e penso a quante volte ho contato gli uomini e le donne di quegli arazzi nei pomeriggi annoiati di quell’estate e alle sigarette che ho fumato di nascosto al bagno, unico spazio ristretto e protetto dove poter esercitare la mia libertà.