Sono una di quelle che vede la vita sempre in negativo per essere preparata a qualunque catastrofe e se mai dovesse succedere qualcosa di positivo starei con l’ansia attendendo la parte brutta della storia invece di godermi la gioia.
Secondo me la vita però è una cosa bellissima, è una gigantesca trappola dentro cui siamo cresciuti senza sceglierlo, sei nato lì dentro e lì dentro devi crescere e morire. E’ come se fosse un gigantesco carosello sopra al quale le persone sono sotto tutti i diversi tipi di droghe esistenti, ognuno vede quei cavallucci, quelle macchinine, in maniera totalmente diversa, c’è chi vede gli unicorni e chi gli orchi, chi vede i draghi e chi l’Idra. La vita è così, ti da un qualcosa, ma ti fa diverso dall’altro, e quindi ciò che ti mostra in realtà può essere osservato in mille mila sfaccettature diverse.
La forma a mio parere più evidente in cui si manifesta la diversità umana è nella depressione, io, ho sofferto di depressione.
Causa? Sconosciuta per alcuni versi.
Mi svegliavo la mattina, e volevo solo morire, andavo a dormire la sera e pregavo di non svegliarmi più. Io nella mia camera vedevo i mostri, vedevo le ombre divorarmi viva, mia madre invece quando veniva a svegliarmi vedeva inizialmente una persona pigra, un’adolescente svogliata. Ho combattuto tanto le mie battaglie, lottavo con me stessa per continuare a respirare, mi battevo per “non spegnermi”, ho fatto la guerra e l’ho vinta. La prima vittoria è stata portare mia madre nel mio mondo, farle vedere quei mostri che tanto mi atterrivano, e insieme a lei, un passo alla volta siamo state come Alice e la Spada Brigalace in “Alice in Wonderland”: abbiamo unito le forze e abbiamo sconfitto il Ciciarampa. C’è sempre qualcosa che può buttarti giù, qualcosa che a lungo andare ti trascina via la pelle e lascia a te solo un mucchio di ossa rammollite e spezzate dalla sofferenza, sono dell’idea che a modo nostro ognuno di noi affronta un periodo così, un momento in cui tutto sembra perso, nulla sembra valere la pena.
La vita e la morte sono così diverse?
Bisogna dunque davvero considerarle come due entità totalmente separate o forse sono entrambe parte di un’unica grande ruota panoramica dove non hai la possibilità di scendere fino alla fine?
Generalmente parlando, il colore che spesso è attribuito alla vita è il bianco, puro, delicato, mentre la morte è nera, come la peste, come tutti i mali.
Ma per un momento, se ci fermiamo a pensare, basta così poco per renderci conto che la vita non può essere solo bianca, è piena di rossi, di blu di gialli, ma è anche piena di neri, la mia vita è tutta nera, è come avere una gigantesca chiazza di inchiostro sugli occhiali, vedi la luce che vi passa attraverso, ma non distingui le figure perché tutto è coperto.
Tutti gli uomini mi sembrano personaggi di Mario Kart, con uno scopo preciso, e per raggiungerlo devono fare dei percorsi, in strade difficili, dove vi sono mostri, strapiombi, piante carnivore giganti, sabbie mobili, e tanto altro. C’è chi ce la fa, chi muore affogato la prima volta, ma si impunta e ci riprova. Chi muore una due tre quattro volte per poi lasciar perdere, e chi invece si intestardisce ed è disposto a schiantarsi un numero “n” di volte per raggiungere ciò di cui gli importa davvero. Ecco questa è la vita, la vita è un salto all’ostacolo continuo, con piccole tappe intermedie in cui ti danno un premio per il lavoro fatto fino a quel momento e tu puoi scegliere, puoi vedere fino a che limite può spingersi il tuo corpo e la tua mente, oppure puoi ritenerti soddisfatto ed essere felice del punto a cui sei arrivato. Ma nulla arriva stando fermi, la vita non si chiama vita se non viene vissuta e se almeno una volta non sei morto; non si chiama vita se non puoi cadere per rialzarti, se non sei in grado di capire che la vita e la morte in realtà sono un’unica entità. Da vivo a morto è un attimo, è un passo velocissimo. Io ricordo che volevo tanto avvicinarmi a quel traguardo, talmente tanto da averci provato senza successo, perché la verità è che sono talmente innamorata della vita da avere paura di viverla, e questo mi ha portata a pensare di essere già morta. Ma non è così. Vivere la vita da morti ti permette di fermarti un attimo, pensarci e rinascere. E’ importante crederci, perché essere morti, ti salva la vita. Ti permette di vedere dentro te stesso tutto ciò che ti stai perdendo, ti permette di guardare quei mostri che ti hanno rovinato e sorridergli, perché la vita non ha fine, nemmeno con la morte.
La vita si capisce tramite le sofferenze, perché attraverso quelle, poi, una volta superate, si gioisce.
[…] “Ma quando si soffre, si è sempre soli. È come se l’altro percepisse il dolore da lontano e volesse proteggersene. Lo sente, ma lo nega. Se ne allontana. Torna al proprio lavoro. Gli affari. La politica. Il giornale… Come per evitare il rischio di precipitare anche lui in un buco nero. Soprattutto quando non riesce a capire cosa succede, quelle lacrime improvvise, quel brusco «non è niente», quella paura che si spalanca…” (Michela Marzano “Volevo essere una farfalla”)
In questo breve lasso di vita, purtroppo mi sono successe tante cose che la gente comunemente definisce “brutte”, sono morta e sono riuscita a rinascere. Ho preso quelle ossa senza pelle e da lì è nata una bellissima farfalla, che volando si guarda le ali e ancora non riesce a credere di aver battuto la vita al suo stesso gioco, che è affascinata nello scoprire ciò che si stava perdendo.